Marcia della pace

Kitty de Guelmi (ACLI)

Da inizio settembre vi è una Italia che viaggia per raccontare la Pace. È la Carovana della Pace delle ACLI, associazione Nazionale consorella del KVW, che dopo aver toccato settanta città giungerà il 15 dicembre a Strasburgo, sua ultima tappa.

Per questo ritengo, quale Presidente delle ACLI Altoatesine, molto importante questa nostra manifestazione di oggi che si inserisce in questo grande sforzo che è in atto per promuovere un paese che sceglie la cooperazione e la fraternità al posto dei conflitti e della competizione.

La pace non è un bene accessorio o un obiettivo secondario, ma è la condizione indispensabile per la vita e per la dignità di ogni persona. Le ACLI, ed il KVW, hanno nel loro DNA l’impegno a favore della giustizia sociale, della solidarietà e della cittadinanza attiva. Camminare oggi insieme è un gesto che testimonia che la pace non è frutto di un singolo atto, ma di un impegno collettivo fatto di incontri, di dialogo e di scelte quotidiane.

La pace viene costruita attraverso il lavoro dignitoso, attraverso politiche che rispettino i diritti umani e attraverso la solidarietà verso chi è più fragile. Per le ACLI significa battersi contro le diseguaglianze, creare spazi di inclusione, difendere la dignità delle persone in ogni situazione, dalle nostre periferie alle rotte migratorie del mediterraneo.

Nessuno può salvarsi da solo, solo insieme possiamo cambiare le cose. La pace o è di tutti o non lo è. Non dobbiamo rimanere spettatori, ma – anzi – divenire convinti costruttori di pace a partire dalle nostre comunità. È una responsabilità a cui non dobbiamo sottrarci.

Ovviamente non dobbiamo farci illusioni, non risolveremo da soli i conflitti globali, ma possiamo seminare relazioni. La pace è come la democrazia: nasce dal basso, si nutre di legami, si costruisce insieme con pazienza e coraggio, ascolto e azione.

In questo momento la pace nei popoli in guerra in Palestina, Cisgiordania, Ucraina, Sudan etc sembra dipendere solo dalle decisioni di poche persone e questo può infondere in tutti noi un senso di impotenza nella consapevolezza di poter fare poco personalmente.

Assistere quotidianamente alle terribili immagini che ci arrivano dai luoghi di guerra, da ormai troppo tempo, ci impone di reagire per cercare nel nostro piccolo di far sì che la logica di guerra venga soppiantata dalla vittoria della pace per riuscire a sensibilizzare la politica ad operare le scelte migliori per far cessare il disumano clima di odio attualmente in essere. Dobbiamo cercare in ogni modo di creare le premesse affinché si pervenga – per il bene di tutti – al trionfo di una pace disarmata e disarmante così come auspicata ripetutamente da Papa Leone XIV.

In questo momento, e nel giorno in cui viene ricordato dalla Chiesa il beato Josef Mayr Nusser, desidero concludere questo mio intervento ricordando quanto il beato ebbe a scrivere nel 1938:

“In questa situazione dobbiamo dare testimonianza e vincere questo buio con la luce di Cristo, anche se ci attaccano, se non ci ascoltano e se ci ignorano. Dare testimonianza oggi è la nostra unica arma, la più efficace. Abbastanza strano. Non la spada, né la violenza, né denaro, nemmeno l’influenza di capacità intellettuali e del potere spirituale, niente di tutto ciò ci è chiesto come condizione indispensabile ad erigere il regno di Cristo sulla terra. Il Signore ci ha chiesto qualcosa di assai modesto e al tempo stesso di molto più importante: dare testimonianza.

Non si tratta, dapprincipio, di essere testimoni attraverso la parola, nemmeno attraverso l’azione. Spesso può essere più opportuno tacere; spesso anche la migliore azione può essere distorta. Ma sempre dobbiamo essere testimoni. Esserlo con semplicità e senza pretese. Ecco la più grande testimonianza!»

La testimonianza di Josef Mayr Nusser è stata incondizionata, estrema e sincera, grazie!

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